Spesso ci lamentiamo di avere poco tempo a nostra disposizione. Quante volte diciamo: ‘Vorrei tanto fare quella cosa, ma non ho proprio tempo!’ oppure ‘Come vola il tempo…!’ e cose simili? Se poi trasportiamo ragionamenti di questo tipo dalla dimensione di una giornata a quella di una vita, non manchiamo di pensare che gli anni passano in fretta, e che forse settantacinque o ottant’anni (la vita media di una persona) sono in realtà pochi per quello che si potrebbe realizzare. Allora guardiamo con grande ammirazione certi centenari (se fate attenzione, passano spesso in tv compleanni di persone che hanno superato i cento) e pensiamo: ‘Beati loro che hanno vissuto così tanto, che a cento e passa anni sono ancora vivi! Spero tanto anch’io di superare almeno i novanta!’.
A tale proposito, ritengo illuminante l’idea di un gigante del pensiero antico, Seneca. Egli sostiene questo: in realtà non abbiamo poco tempo a nostra disposizione; piuttosto ne sprechiamo moltissimo. In una lettera all’amico Lucilio, Seneca afferma quanto segue: “Et si volueris adtendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus”. Cioé:
“E se avrai la compiacenza di prestare attenzione, bada: la maggior parte della vita se ne va mentre operiamo malamente, una porzione notevole mentre non facciamo nulla, tutta quanta la vita mentre siamo occupati in cose che non ci riguardano”.
Il tema del tempo è largamente sviluppato dal filosofo nel suo dialogo De brevitate vitae (Sulla brevità della vita). Secondo Seneca, nessuno ha motivo di lamentarsi del tempo messo a disposizione dalla natura: esso infatti è sufficiente non solo per svolgere normali e quotidiane attività, ma addirittura per realizzare grandi cose. Non dobbiamo dirci infelici per la durata delle nostre giornate; piuttosto dovremmo cercare di dare una qualità alla nostra vita. Bisogna dare valore ad ogni attimo della nostra esistenza, e cercare di vivere ogni momento nella maniera migliore.
Maior pars mortalium Pauline de naturae malignitate conqueritur quod in exiguum aevi gignimur quod haec tam velociter tam rapide dati nobis temporis spatia decurrant adeo ut exceptis admodum pacis ceteros in ipso vitae apparatu vita destituat. Nec huic publico ut opinantur malo turba tantum et imprudens vulgus ingemuit; clarorum quoque virorum hic affectus querellas evocavit. Inde illa maximi medicorum exclamatio est: “vitam brevem esse longam artem”. Inde Aristotelis cum rerum natura exigentis minime conveniens sapienti viro lis: “aetatis illam animalibus tantum indulsisse ut quina aut dena saecula educerent homini in tam multa ac magna genito tanto citeriorem terminum stare.” Non exiguum temporis habemus sed multum perdidimus. Satis longa vita et in maximarum rerum consummationem large data est si tota bene collocaretur; sed ubi per luxum ac neglegentiam diffluit ubi nulli bonae rei impenditur ultima demum necessitate cogente quam ire non intelleximus transisse sentimus. Ita est: non accipimus brevem vitam sed fecimus nec inopes eius sed prodigi sumus. Sicut amplae et regiae opes ubi ad malum dominum pervenerunt momento dissipantur at quamvis modicae si bono custodi traditae sunt usu crescunt: ita aetas nostra bene disponenti multum patet.
Traduzione
La maggior parte degli uomini, Paolino, protesta per l’avarizia della natura, perché siamo messi al mondo per un briciolo di tempo, perché i giorni a noi concessi scorrono così veloci e travolgenti che, eccetto pochissimi, gli altri sono abbandonati dalla vita proprio mentre si preparano a vivere. E di questa disgrazia, che credono comune, non si dolse solo la folla e il volgo sciocco: tale stato d’animo provocò la protesta anche di grandi uomini. Di qui l’esclamazione del più grande dei medici, che la vita è breve, l’arte è lunga; di qui l’accusa di Aristotele alle prese con la natura, indegna di un saggio, perché essa ha concesso agli animali di poter vivere cinque o dieci generazioni, e all’uomo, nato a tante e così grande cose, è fissato un termine tanto più breve. Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. Abbastanza lunga è la vita e data con larghezza per la realizzazione delle cose più grandi, se fosse tutta messa bene a frutto; ma quando non si spende per nulla di buono, costretti dall’ultima necessità ci accorgiamo che è passato senza averne avvertito il passare. Sì: non riceviamo una vita breve, ma tale l’abbiamo resa, e non siamo poveri di essa, ma prodighi. Come ricchezze grandi e regali in mano a un cattivo padrone si volatizzano in un attimo, ma, per quanto modeste, se affidate a un buon amministratore, aumentano con l’impiego, così la durata della nostra vita per chi sa bene gestirla è molto estesa.
tratto dal De brevitate vitae di Seneca; la traduzione in italiano è del professore Alfonso Traina
Quando ero al liceo queste parole mi davano fastidio come molto del periodo scolastico..ora a 33 anni mi trovo a sorprendermi di come quei personaggi che mi davano fastidio erano invece persone che, diamine, sapevano guardare il mondo e guardarsi.
Mi fa piacere che tu a 21 anni stia gia’ apprezzando questi scritti.
I miei complimenti!
Concordo su tutto…
Ho letto con interesse questo tuo articolo su Seneca tanto che l’ho linkato ad un post di questo mio blog dove si parla della stessa cosa. Complimenti
Non può che farmi piacere, grazie mille
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