“Nazionalisti e patrioti”, Maurizio Viroli

viroliDedicato alla memoria di Carlo Azeglio Ciampi, Nazionalisti e patrioti (2019) è un breve saggio di Maurizio Viroli sulla differenza che corre tra i due concetti e sulla necessità di contrastare gli attuali sovranismi con il linguaggio proprio del patriottismo repubblicano, definito come “una preziosa risorsa per far rinascere la coscienza civile degli italiani”. Se da un lato, infatti, il nazionalismo insegna ad amare la propria terra più delle altre e a disprezzare o odiare gli altri popoli, il patriottismo, dal canto suo, esorta all’impegno per la libertà politica e la giustizia sociale, nel convincimento che “la nostra lealtà e il nostro affetto devono andare alla patria intesa come libera repubblica di cittadini che hanno uguali diritti e uguali doveri”.

Nella storia italiana, l’ideale repubblicano di patria conobbe un vasto successo durante il Risorgimento grazie alle figure di Mazzini e Garibaldi, ma a dominare la successiva scena politica fu il nazionalismo, che raggiunse il proprio apice durante il ventennio fascista. A testimonianza della profonda differenza tra le due ideologie, l’autore cita alcune voci critiche levatesi durante il fascismo contro il patriottismo ottocentesco. Il giurista Alfredo Rocco, ad esempio, affermò che “il nazionalismo degli uomini del nostro Risorgimento non fu che mezzo per attuare il liberalismo e la democrazia”, mentre Giovanni Gentile condannò il patriottismo mazziniano per aver coltivato l’assurda idea che fine della patria è l’umanità. Conferme della cesura tra l’amor di patria risorgimentale e il nazionalismo delle camicie nere giunsero anche dal fronte opposto. Benedetto Croce infatti osservò che l’Italia delle guerre d’indipendenza, pur combattendo contro l’Austria, aveva tra i suoi motti “Ripassin l’Alpi e tornerem fratelli”, e aggiunse:Il nazionalismo odierno non è quel vecchio e sano patriottismo con sfondo umano e cristiano; ma è decadentismo letterario esasperato”.

Secondo Viroli, il nazionalismo di oggi può essere vinto solo utilizzando gli schemi e le parole tipiche del patriottismo repubblicano, il qualeapprezza la culturale nazionale e i legittimi interessi, ma vuole elevare l’una e gli altri agli ideali del vivere libero e civile”. La sinistra, invece di esaltare una presunta patria europea separata da quella italiana, dovrebbe volgere lo sguardo verso la migliore tradizione risorgimentale e costruire un linguaggio repubblicano capace di sconfiggere il nazionalismo della destra.

Il saggio di Viroli è senza dubbio encomiabile nella sua parte più accademica, quando cerca di dare un preciso significato alle categorie del patriottismo e del nazionalismo, ponendone in risalto le abissali diversità. Seppur valido, risulta invece meno convincente nell’ultimo capitolo, quello politico, dove sviluppa la tesi che l’avanzata dell’ideologia sovranista sarebbe imputabile a un’erronea strategia della sinistra italiana, colpevole di aver lasciato alla destra il monopolio del discorso nazionale. Una lettura a mio parere solo in parte condivisibile, dal momento che sembra trascurare il carattere internazionale dell’ondata nazionalista. Infatti, il sovranismo ha messo radici anche in Paesi dove le sinistre sono storicamente più propense della nostra all’utilizzo di un linguaggio patriottico (Stati Uniti, Francia e Regno Unito, etc…) e ciò impone, all’evidenza, una riflessione politica capace di andare oltre ai nostri confini nazionali.