Seneca, i viaggi e l’inutile fuga… (Epistole morali a Lucilio)

E’ un pensiero comune che la lontananza dal luogo in cui si vive possa arrecare benefici all’animo. Questo perché siamo convinti che i motivi delle nostre insoddisfazioni provengano dall’esterno e dunque riteniamo che cambiando luoghi e persone senz’altro muterà anche la nostra condizione interiore. Niente di più sbagliato.

Lucilio, un romano del primo secolo, scrive all’amico Seneca e si dice stupito del fatto che i suoi viaggi non gli siano serviti per eliminare la tristezza che lo affligge. Seneca gli risponde: ‘Lucilio, devi cambiare d’animo, non di cielo’ e poi citando Socrate: ‘Perché ti stupisci se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso? Ti incalza il medesimo motivo che ti ha spinto fuori di casa, lontano’.

I nostri difetti ci seguono, dovunque andiamo. Le cose che ci rendono tristi sono radicate nel nostro animo: a che serve cambiare posto e vedere persone nuove se non curiamo prima i nostri mali?

Tutti questi temi sono trattati nel testo che ho riportato di seguito: la ventottesima epistola tratta dalle Lettere morali a Lucilio.

cielo

Seneca Lucilio suo salutem

Hoc tibi soli putas accidisse et admiraris quasi rem novam quod peregrinatione tam longa et tot locorum varietatibus non discussisti tristitiam gravitatemque mentis? Animum debes mutare, non caelum. Licet vastum traieceris mare, licet, ut ait Vergilius noster,

Terraeque urbesque recedant,

sequentur te quocumque perveneris vitia. Hoc idem querenti cuidam Socrates ait, ‘quid miraris nihil tibi peregrinationes prodesse, cum te circumferas? premit te eadem causa quae expulit’. Quid terrarum iuvare novitas potest? quid cognitio urbium aut locorum? in irritum cedit ista iactatio. Quaeris quare te fuga ista non adiuvet? tecum fugis. Onus animi deponendum est: non ante tibi ullus placebit locus.Talem nunc esse habitum tuum cogita qualem Vergilius noster vatis inducit iam concitatae et instigatae multumque habentis se spiritus non sui:

Bacchatur vates, magnum si pectore possit excussisse deum.

Vadis huc illuc ut excutias insidens pondus quod ipsa iactatione incommodius fit, sicut in navi onera immota minus urgent, inaequaliter convoluta citius eam partem in quam incubuere demergunt. Quidquid facis, contra te facis et motu ipso noces tibi; aegrum enim concutis. At cum istuc exemeris malum, omnis mutatio loci iucunda fiet; in ultimas expellaris terras licebit, in quolibet barbariae angulo colloceris, hospitalis tibi illa qualiscumque sedes erit. Magis quis veneris quam quo interest, et ideo nulli loco addicere debemus animum. Cum hac persuasione vivendum est: ‘non sum uni angulo natus, patria mea totus hic mundus est’. Quod si liqueret tibi, non admirareris nil adiuvari te regionum varietatibus in quas subinde priorum taedio migras; prima enim quaeque placuisset si omnem tuam crederes. Nunc <non> peregrinaris sed erras et ageris ac locum ex loco mutas, cum illud quod quaeris, bene vivere, omni loco positum sit. Num quid tam turbidum fieri potest quam forum? ibi quoque licet quiete vivere, si necesse sit. Sed si liceat disponere se, conspectum quoque et viciniam fori procul fugiam; nam ut loca gravia etiam firmissimam valetudinem temptant, ita bonae quoque menti necdum adhuc perfectae et convalescenti sunt aliqua parum salubria. Dissentio ab his qui in fluctus medios eunt et tumultuosam probantes vitam cotidie cum difficultatibus rerum magno animo colluctantur. Sapiens feret ista, non eliget, et malet in pace esse quam in pugna; non multum prodest vitia sua proiecisse, si cum alienis rixandum est. ‘Triginta’ inquit ‘tyranni Socraten circumsteterunt nec potuerunt animum eius infringere.’ Quid interest quot domini sint? servitus una est; hanc qui contempsit in quanta libet turba dominantium liber est.

Tempus est desinere, sed si prius portorium solvero. ‘Initium est salutis notitia peccati.’ Egregie mihi hoc dixisse videtur Epicurus; nam qui peccare se nescit corrigi non vult; deprehendas te oportet antequam emendes.  Quidam vitiis gloriantur: tu existimas aliquid de remedio cogitare qui mala sua virtutum loco numerant? Ideo quantum potes te ipse coargue, inquire in te; accusatoris primum partibus fungere, deinde iudicis, novissime deprecatoris; aliquando te offende. Vale.

Traduzione

Seneca saluta il suo Lucilio

Credi che questo sia capitato soltanto a te e ti meravigli come di una cosa straordinaria che, nonostante le tue preregrinazioni così lunghe e tanti cambiamenti di località, non ti sei scrollato di dosso la tristezza e il peso che opprimono la tua mente? Devi cambiare d’animo, non di cielo. Puoi anche attraversare il mare,

Terre e città retrocedano pure

come dice il nostro Virgilio: ebbene, i tuoi difetti ti seguiranno ovunque andrai. A un tale che esprimeva questa stessa lamentela Socrate disse: “Perché ti stupisci, se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso? Ti incalza il medesimo motivo che ti ha spinto fuori di casa, lontano”. A che può giovare vedere nuovi paesi? A che serve conoscere città e luoghi diversi? E’ uno sballottamento che sfocia nel vuoto. Domandi come mai questa fuga non ti è utile? Tu fuggi con te stesso. Devi deporre il fardello che grava sul tuo animo, altrimenti prima non ti piacerà alcun luogo. Ora il tuo stato d’animo è identico, pensaci bene, a quello della veggente che Virgilio ci presenta già sconvolta e stimolata da un pungolo, invasa da uno spirito estraneo:

La veggente delira e cerca di scacciare dal petto

il grande dio.

Vai di qua e di là per scuotere il peso che ti sta addosso e che diventa ancor più fastidioso in conseguenza della tua stessa agitazione. Analogamente su una nave i pesi ben stabili premono di meno, mentre i carichi che si spostano, rollando in modo diseguale, mandano più rapidamente a fondo quella parte su cui essi gravano. Qualunque cosa tu faccia, la fai contro di te e con lo stesso movimento ti arrechi un danno: infatti stai scuotendo un ammalato. Ma quando ti sarai liberato da questo male, qualsiasi cambiamento di località diverrà un piacere. Ti releghino pure nelle terre più lontane; ebbene, in qualsivoglia cantuccio di terra barbara in cui ti troverai per forza ad abitare, quella sede, qualche che sia, ti sarà ospitale. Più che la meta del tuo viaggio importa lo spirito con cui l’hai raggiunta, e pertanto non dobbiamo subordinare il nostro animo ad alcun luogo. Bisogna vivere con questa convinzione: “Non sono nato per un solo cantuccio di terra, la mia patria è l’universo intero”. Se questo concetto ti fosse trasparente, non ti meraviglieresti di non trovare alcun conforto nella varietà delle regioni in cui di bel nuovo di rechi per la noia delle precedenti. Infatti ti sarebbe piaciuta la prima in cui saresti capitato, e poi anche di volta in volta avresti gradito le successive, se avessi considerato ciascuna come interamente tua. Ora non viaggi, ma erri e ti lasci trasportare, passi da una località all’altra, benché ciò che cerchi, il vivere secondo virtù, si trovi in altro luogo. Ci può essere qualcosa di più caotico del Foro? Eppure persino qui si potrebbe vivere in pace, se questa scelta fosse assolutamente necessaria. Ma se ci fosse consentito di acquartierarci dove si vuole, io fuggirei anche la vista e le vicinanze del Foro. Infatti, come i luoghi con un clima pestilenziale intaccano  perfino la salute più solida, così anche per una sana disposizione mentale – tuttavia non ancora perfetta e in fase di rinvigorimento – alcune situazione producono effetti poco salutari. Non sono d’accordo con quelli che si gettano in mezzo ai marosi e con quelli che, apprezzando una vita esagitata, lottano ogni giorno con grande coraggio contro difficoltà concrete. Il saggio sopporterà questa situazione, non la sceglierà, e preferirà essere in pace piuttosto che in battaglia: non si ricava granché dall’avere liquidato i propri vizi, se poi ci si vede costretti a scontrarsi con quelli degli altri. “Trenta tiranni” tu dici “si piazzarono intorno a Socrate, ma non riuscirono a spezzare il suo animo”. Che importa quanti sono i padroni. La schiavitù è una sola: chi ha saputo disprezzarla è libero, per quanto grande sia lo stuolo dei tiranni.

E’ il momento di finire, ma non prima di avere pagato il pedaggio. “Inizio di salute è la consapevolezza dell’errore commesso”. Mi sembra che Epicuro abbia espresso in modo egregio questo pensiero; infatti, chi non sa di sbagliare, non vuole neppure correggersi; conviene dunque che tu ti sorprenda in errore prima di cominciare a correggerti. Alcuni si vantano dei propri difetti: pensi che abbia in mente qualche rimedio chi annovera i suoi difetti tra le virtù? Orbene, per quanto tu puoi, metti te stesso in stato di accusa, inquisisciti, sostieni prima il ruolo di accusatore, poi di giudice, e da ultimo, di difensore. Talvolta sii duro con te stesso. Stammi bene.

tratto dalle Epistulae morales ad Lucilium, Liber Tertius, epistula XXVIII, Seneca; la traduzione in italiano è di Fernando Solinas

26 pensieri riguardo “Seneca, i viaggi e l’inutile fuga… (Epistole morali a Lucilio)

  1. hola! mi ritrovo nel tuo blog per caso, facendo una ricerca su Seneca. Nonostante tutto, nonostante la tristezza e la malinconia che ci portiamo dietro viaggiando chi lo sa se un giorno grazie a uno dei nostri vagabondaggi non riscopriremo noi stessi…
    un saluto.

  2. Sì hai ragione…ma vedi, Seneca non eslcude che un viaggio possa giovare all’animo, purchè sia affrontato con lo spirito giusto. Chi viaggia convinto di scrollarsi i suoi problemi sbaglia.

    un saluto anche a te 🙂

  3. era appunto quello che intendevo dire e che ho detto, personalmente adoro seneca al di la di interpretazioni faziose…

  4. Intravedo un po’ di acidità nel tuo ultimo commento, forse ci siamo intesi male. Sono d’accordo con quello che hai scritto e siamo in due ad apprezzare Seneca, quindi per me non ci sono problemi Federica 😉

  5. 😉 scusami tanto…ma ormai trapelano acidità e nervosismo da tutti i pori data la vicinanza degli esami e la mia inconcludenza eheh

  6. scusami, sono sempre io…ho digitato male…comunque questo blog è davvero interessante e i tuoi articoli sono davvero interessanti. come dicevo, sono capitata qui per caso, cercando l’epistola di seneca sul viaggio per la mia tesina di maturità e ciò che dici è verissimo…Complimentoni, continua così!

  7. Ciao, complimenti per i tuoi interventi. Ho apprezzato molto le citazioni di Seneca, anche quelle di qualche post fa. E’ sorprendente quanto siano attuali, ma del resto è questo il punto di forza dei classici. Per quanto riguarda il tema del viaggio in particolare, non ho potuto fare a meno di pensare a Orazio (che io personalmente adoro): caelum, non animum, mutant qui trans mare currunt. E’ un verso che mi è rimasto nel cuore.
    Un saluto

  8. “i miei difetti mi seguono ovunque vada…Perché mi stupisco, se i lunghi viaggi non mi servono, dal momento che porto in giro me stessa?”.
    E’ esattamente la conclusione a cui sono giunta ieri sera, dormendo nel mio letto di casa mia, quella vera, con la valigia pronta per (ri)partire per un lungo viaggio.

  9. ragazzi, sono un nonnino che ama ancora il latino. complimenti per i vostri studi e grazie per avermi intrattenuto a lleggervi

  10. Ho trovato quello che cercavo:
    come dice il nostro Virgilio: ebbene, i tuoi difetti ti seguiranno ovunque andrai.

    Bellissimo post, mi ha risolto la giornata, filosoficamente parlando. Ora leggero’ il resto, poiche’ ci sono parti interessanti che mi piacerebbe leggere.

    A presto.

  11. Ho incontrato per caso questa pagina e mi sono commosso leggendo Seneca e i vostri commenti. I problemi non cambiano pur passando i secoli. Grazie a tutti!

  12. Una bella traduzione Fa piacere trovare qualcuno che ancora ricordi la lingua latina e Seneca, il filosofo che tanto fa disperare la chiesa cristiana che lo vorrebbe protocristiano e la massoneria che lo annovera tra i protomassoni per quel IUS, anche se non suo, che scatenò L’uomo dalle pastoie degli dei che l’avevano quale marionetta.
    Se interessato al problema le suggerisco un’ottima lettura non definitiva
    Il crollo della mente bicamerale e la formazione della coscienza di Julian Jaynes ed Adelphi
    kiriosomega

  13. Il fardello esistenziale lo si porta dentro di se’ e d è male sopportato.Aprwndosi a nuove visioni ed esperienze di vita si può comprendere meglio se’ stessi aiutando gli altri nei problemi comuni,il viaggio anche metaforico e l’introduzione aggiunta risanano il rapporto con l’io represso da maschere formali, siamo sempre noi stessi non rinneghiamo il male fatto ma sosteniamolo e riconosciamolo senza vergogna alcuna.

  14. Stavo per scrivere un articolo molto simile sul mio blog (versione latina, traduzione e commento), ma, per sicurezza, prima di cominciare ho provato a fare una breve ricerca su google.. Ed è apparso il tuo blog! Ho dato una rapida letta (al momento sono di fretta), ma mi riprometto di leggerlo meglio appena posso. Intanto, un mi piace sulla fiducia! Complimenti in generale anche per il blog, ho avuto di recente la tua stessa idea (recensire tutto ciò che leggo) sia per l’amore per la lettura, sia per la disoccupazione, perciò sto dedicandomi anch’io a un blog e scoprire altri con le stesse passioni è sempre una bella cosa. In bocca al lupo per tutto e buon proseguimento!

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