Indipendenza veneta?

manin

Un argomento che leghisti e secessionisti di varia sorta tirano fuori con una certa insistenza è la durata millenaria della Repubblica di Venezia, come se questo dovesse legittimare l’instaurazione di una nuova “repubblica veneta” nel nordest italiano.

A tal proposito è opportuno ricordare che la Repubblica di Venezia fu uno Stato veneziano, non veneto come si vuol furbescamente far credere. Sotto la Serenissima le città erano amministrate da podestà (per lo più veneziani) scelti a Venezia dall’aristocrazia lagunare. Quindi i veneti complessivamente considerati non si sono mai autodeterminati in un loro governo, non hanno mai avuto un proprio Stato: semplicemente a un certo punto – verso la fine del ‘300 – una città veneta si è imposta su tutte le altre e ha dettato la propria legge fino a quando non arrivò Napoleone (1797). Quale stato “veneto” dunque? A comandare erano i veneziani, mentre in terraferma si prendevano ordini e in larghissima parte si lavorava la terra. Che poi i veneziani fossero amministratori illuminati e liberali è un dato di fatto, ma non si capisce bene perché tale merito dovrebbe essere esteso a padovani, trevigiani e veronesi. E’ un po’ troppo comodo prendersi meriti altrui, mi sembra.
Aggiungo che l’indipendenza di Venezia durò mille anni (come quella di Roma del resto, che nessuno però pensa di ripristinare) ma il suo dominio sulla terraferma veneta durò decisamente meno, qualcosa come quattro secoli. Lo Stato veneziano al massimo del suo splendore andava da Brescia all’isola di Cipro, passando per l’Istria e la Dalmazia. Si capisce dunque come l’omogeneità etnica e culturale dei cittadini della Repubblica non fosse propriamente il suo forte: parlare di uno stato nazionale dei veneti è abbastanza ‘discutibile’, visto c’erano comunque lombardi, ladini, friulani, tedeschi, greci e slavi (questi poi erano tantissimi, basti vedere quanti veneti portano ancora oggi il cognome “Schiavon” e affini, dal veneziano “s’ciavo” che significa appunto “slavo”).

E perché i veneziani conquistarono la terraferma veneta nel ‘300? Erano forse spinti da amore fraterno e patriottico per i vicini “connazionali” veneti? No, il motivo fu puramente strategico e militare: da un lato c’era il desiderio di annullare la potenza della vicina e rivale Padova, dall’altro era diventato ormai troppo pericoloso mantenere il confine di Stato a Mestre, e dunque per difendere meglio la laguna si ritenne opportuno conquistare altri territori ad ovest.

E’ giusto ricordare poi che la Repubblica di Venezia poté nascere e svilupparsi per una serie di eventi e condizioni storiche particolarissime: un iniziale rapporto di dipendenza dall’Impero bizantino, i commerci con l’Oriente, la fondamentale importanza del Mediterraneo per l’economia di quei secoli, le crociate (la quarta in particolare), i privilegi concessi dai sovrani orientali nei loro porti… tutto questo cosa c’entra con oggi? Sarebbe stato anacronistico per un sistema economico industriale (‘800), figuriamoci per questo sistema economico finanziario! Che senso ha paragonare quell’esperienza storica al Veneto attuale? Cosa c’è di ripetibile in quella storia?

Venezia nel ‘600 finì per perdere tutti i suoi possedimenti orientali e dopo l’arrivo dei Turchi e la colonizzazione delle Americhe (a cui non partecipò, e già questo dovrebbe far pensare) divenne – da attivissimo impero mediterraneo qual era – un piccolo Stato sempre meno rilevante nello scacchiere internazionale. Chiusa tra le sponde dell’Adriatico, la Venezia del ‘700 era ormai solo il ricordo sbiadito della potenza che fu, e quando Napoleone arrivò in Italia ci mise ben poco a smembrarla e a venderla subito dopo agli Austriaci col trattato di Campoformio. Questa fu l’ingloriosa fine della Repubblica di Venezia, stretta fra due colossi che se la scambiarono più volte (pacificamente e non) nel giro di quindici anni. Durante il Risorgimento – sotto la guida di Manin e Tommaseo – i veneziani non ebbero nessuna remora nel combattere contro l’Austria nel nome dell’Italia, probabilmente consapevoli che piccoli e da soli – nell’era degli Imperi e degli Stati nazionali – non sarebbero andati da nessuna parte, come la loro storia più recente confermava.

Ah, gran parte dei documenti ufficiali della Repubblica di Venezia erano redatti in italiano. Ma questa è un’altra storia.

37 pensieri riguardo “Indipendenza veneta?

  1. A te che hai redatto sto articolo: ma cosa te ne frega se i veneti vogliono farsi uno stato per conto loro? Che obiezioni hai? Hai qualche interesse a che non si faccia? Sito veneto tì? E l’Italia ‘lora, che motivi gavaresela che la sostiene come nasion? Proprio l’Italia che la mete insieme popoli che fra de l’ori noi c’entra niente, se no par el fato che i sta su na penisola. Mia tute le penisole del mondo le xè stati unitari. L’Italia, fondà dala masoneria, che no la gà fato altro che depredare tute le popolasion che la gà meso soto, alora come ancò. L’Italia, la nasion co la peso clase poitica del’Europa, e anca oltre. La storia mejo che te te la studi tì.

    1. Giovanni, sai perchè secondo me “xovane veneto” ti ha chiesto se sei veneto?
      Perchè nel suo piccolo cervellino lobotomizzato da 20 anni di leghismo e affini, gira un solo ragionamento: “se sei nato qua, allora puoi parlare, sennò no (si perchè lui dà per ovvio che se sei “foresto” allora non puoi saperne nulla.
      Peccato che, ahimè, spesso è l’esatto opposto…Visto che molti di questi caproni legaioli sono talmente ignoranti da non sapere nemmeno perchè la repubblica di Venezia veniva definita “Serenissima”…

  2. Sono d’accordo su molti punti ma altri mi sembrano deboli:
    1) aspetto storico: Venezia per quanto Dominante rispettò le realtà locali, il punto fondamentale è che in un epoca di cetralizzazione del potere la Serenissima rimase immobile pietrificata nella sua gelosa diffidenza verso le aristocrazie di terraferma.
    2) Chiedere l’indipendenza dallo Stato italiano non dovrebbe necessariamente essere un percorso finalizzato alla creazione di una nuova Repubblica Veneta. Insomma al di la del contesto storico culturale, linguistico ci sarebbero motivazioni politico sociali (organizzazione dello Stato italiano, burocrazia eccessiva, giustizia “congolese”, tasse alte e servizi scadenti ecc ecc).
    Io rimango critico rispetto a queste idee perchè rappresenterebbero, secondo me, delle non-risposte a domande più profonde che tanti non si pongono nemmeno.
    I veneti non hanno saputo darsi una classe dirigente che li rappresentasse in modo “decente” nelle sedi opportune, quelli scelti oltre ad essere incompetenti si sono fatti i loro interessi continuando però a circuire gli elettori con promesse e storielle.
    Ecco la prima indipendenza da ottenere non è quella politica ma mentale, i veneti devono conquistare lo spirito critico (almeno una stragrande maggioranza di elettori).

    1. Grazie per il tuo commento. So che queste spinte secessioniste hanno motivazioni prettamente economiche. Vorrei solo che lo si dicesse chiaro e tondo, senza celarsi dietro letture faziose della storia. L’intento di questo mio articolo infatti era principalmente quello di contestare la strumentalizzazione politica della Repubblica di Venezia.

      1. Non viene fatta nessuna strumentalizzazione della Repubblica di Venezia. Ci sono ragioni economiche certamente, ma anche identitarie. ‘La Repubblica di Venezia fu uno stato veneziano e non veneto’: e allora??? Pensa te che roba, oggi i veneti non dovrebbero poter chiedere l’indipendenza dall’Italia solo per questo. Non vuol dire mica ricostituire la Repubblica di Venezia con tutti i territori che comprendeva! Come pure l’Italia di oggi non ricomprende tutti i territori del 1866. E poi l’Italia come si è sviluppata? Si è sviluppata tanto meglio della Repubblica di Venezia? Non ha fatto guerre l’Italia per conquistare i propri territori? E poi, chi l’ha voluta l’Italia veramente? Il popolo italiano (che non esiste e mai esisterà)? Non per caso dicevano ‘fatta l’Italia bisogna fare gli italiani’. E io mi chiedo: perchè bisogna fare gli italiani? Un popolo o è già fatto di suo, o non ha senso di esistere come tale.

  3. L’Italia è in rovina impossibile da recuperare….quindi ben venga l’indipendenza veneta…io non ho intenzione d’andare in rovina perché mezza italia non paga le tasse ho fa di tutto x farsi i propri interessi,meglio un cerchio ristretto e ben organizzato

  4. Non si puo rinnegare un diritto naturale ( pari al diritto alla vita, alla libertà, … ) come quello dell’autodeterminazione dei popoli, guardatevi l’articolo 10 della costituzione italiana poi il patto di New York del 1966 ratificato in legge nel 1977 dallo stato italiano e in fine la legge 340/1971. Altro che autonomia, la Reppublica Veneta è tutto tranne che un’ipotetica fantasia sta succedendo ora!!!! Nel rispetto della democrazia e della legalità!!!!

  5. L’articolo secondo me è ben scritto e da un buon spunto….però io vorrei muovere le seguenti critiche…1.leghisti e secessionisti veneti aspirano a due stati o terre diverse…..2. I friulani sono veneti…che poi nel medioevo appartenessero ad un patriarcato diverso è un altro discorso….3. I commerci con l’Oriente non sono particolari di Venezia ma propri della gente veneta, infatti già Aquileia commerciava quasi esclusivamente con l’Oriente…. Venezia ha solo ripristinato rotte gia esistenti….cancellando poi comacchio sua rivale 4.lo stato formato da Venezia per come è nato è proprio lo stato dei veneti….ricordiamo tutto ha inizio dalle genti di chioggia, Eraclea caorle torcello rialto malamocco che eleggono insieme il primo doge….queste genti non erano forse proprio i veneti fuggiti da Padova, altino Oderzo Aquileia etc e riparati in laguna?! Le famiglie aristocratiche di Venezia non sono altro che un riassunto delle famiglie ricche che prima vivevano nella terraferma

  6. a chi ha scritto il tendenzioso articolo, faccio l’invito di andarsi a studiare il “popolo veneto”, che pare sia stanziato in questi territori da oltre 3.000 anni. Un articolo siffatto, mi fa pensare al modo in cui in Italia viene raccontata la storia della Serenissima (poco piu di due paginette per raccontare 1100 anni, e dedicate alle 4 repubbliche marinare, bah!!!) il popolo Veneto era comunemente riconosciuto anche dalla Roma Imperiale, che lo individuava negli abitanti di tutto il “triveneto”…..sminuire, come fa chi ha scritto il tendenzioso articolo, qualche centinaio di anni, e qualche decina di generazioni di Veneti, che hanno vissuto sotto la bandiera di San Marco, e voler far credere che nulla avevano a che spartire con Venezia, è assolutamente ridicolo e indegno. Pure l’Italia riconosce lo status di POPOLO ai Veneti. In sostanza: 3000 anni di STORIA DEL POPOLO VENETO, sempre presenti in questo territorio (e per 1100 anni sotto lo statuto di Venezia) credo che siano piu’ che sufficenti per rivendicare il NOSTRO DIRITTO AD AMMINISTRARCI ED AUTODETERMINARCI. (l’autodeterminazione dei POPOLI è un diritto universale sancito dalla carta ONU). Si puo’ essere contro l’idea di diventare una nuova Repubblica Veneta, o si puo’ essere a favore. facciamo un bel Referendum e lasciamo decidere alla gente, a tutti, rispettando poi la volonta’ POPOLARE. comunque trovo indegno che si voglia sminuire in siffatta maniera la storia di Venezia e del suo entroterra e dei suoi abitanti. Forse qualche giro nei paesetti e nelle campagne del Veneto aiutera’ l’articolista, a scoprire tanti inconfondibili segni ancora VIVI del legame che univa queste terre a Venezia. Parlo di UNIONE, non SOTTOMISSIONE e SFRUTTAMENTO (come è quello che stiamo subendo da 147 anni con l’italia). Da quando siamo sotto il dominio italiano, abbiamo subito come popolo, emigrazioni di massa, due guerre mondiali, combattute inizialmente da una parte, e portate a termine dalla parte avversaria, sfruttamento economico e vantaggi?!?!? quali sarebbero stati i vantaggi che ha portato l’italia a questo POPOLO? ………….RINNEGARE LA STORIA DEI PROPRI AVI NON E’ MAI UNA GRAN COSA, caro articolista,….per chi volesse sapere qualcosa di storia di Venezia, suggerisco questo link http://cronologia.leonardo.it/sereniss/mus37.htm

    1. Rinnegare la storia dei propri avi? il mio avo si è arruolato come volontario per l’esercito italiano in occasione della III Guerra d’Indipendenza. Il suo sogno era l’annessione di tutte le Venezie all’Italia.

      1. Se il suo avo aveva questo sogno, perché non lo ha democraticamente chiesto al Popolo Veneto invece di arruolarsi in quello che, fino a quel tempo, era un esercito straniero. Può essere che quel suo avo abbia sparato ad un MIO avo che militava (costretto) nei 4 battaglioni di Veneti che combatterono a Custoza. Che dovrei dire io? Quel mio avo è morto per mano di un “traditore”? Vede quanto è aleatoria la verità? Probabilmente ne Lei ne io abbiamo la certezza di avere LA VERITA’, quindi non si “pavoneggi” con la “sbruffonata” (scusi, adesso, la mia di arroganza) che sa molto di “essere superiore” quando afferma <> Si rende conto di come ha risposto a chi le spiegava del perché crede nell’autodeterminazione di un Popolo, in questo caso quello Veneto, che anche il suo “caro” avo riconosceva? Ciò è intrinseco nella sua frase, dato che questo suo avo voleva l’annessione “di tutte le Venezie” (infelice neologismo da Lei usato e coniato dal Fascismo). Guardi, gli “alti ideali” di quelli che hanno combattuto per l’unità della penisola, sono stati abilmente sfruttati dalla monarchia Savoiarda che ambiva solamente ad un allargamento dei suoi possedimenti per arricchirsi ulteriormente.Come e più di altre casate e Stati ottocenteschi nati dal sangue da loro sparso e camuffato da ideali unitaristi. Aiutati in ciò dai loro consanguinei francesi. Devo ricordarglielo io che la lingua ufficiale di corte a Torino era il francese e che MAI in vita sua, il “nostro” eroe Camillo Benso di Cavour, scrisse e parlò in italiano?
        Faccia tutte le sue deduzioni, Lei è persona intelligente e ne è capace, se solo potrà levarsi via un po’ della spocchia che traspare da ciò scrive. Serenissimi saluti.

      2. Signor Bedin, non sono spocchioso e mi dispiace davvero che lei mi veda così: ho semplicemente risposto a tono a chi – senza nulla sapere – mi accusava di infangare la memoria dei miei avi (per la cronaca, il mio avo fortunatamente non era a Custoza ma in Trentino con Garibaldi).
        Per quanto riguarda il resto, se proprio vuole, posso dirle che non condivido assolutamente la vostra impostazione. Voi indipendentisti parlate del Veneto e dei suoi abitanti come se fossero qualcosa di avulso ed estraneo all’Italia (che vi ostinate a chiamare “penisola”); definite “esercito straniero” le truppe italiane; date del “traditore” a chi nel 1866 ha deciso spontaneamente di combattere contro l’Austria (i veneti erano austriaci forse?); sostenete che il Veneto non abbia tratto alcun vantaggio dall’annessione all’Italia (molto discutibile come affermazione); parlate di “autodeterminazione dei popoli”, manco fossimo palestinesi o tibetani e gli italiani fossero un popolo straniero ed invasore che ci sottomette (detta tra noi: non vi sembra un tantino ridicolo?). Cosa dovrei rispondere io, mi scusi? Non si offenda, ma per me questo è puro estremismo. E non è la lingua preferita dal signor Cavour che mi fa cambiare idea; che poi Cavour non abbia mai parlato italiano in vita sua è una semplice invenzione (non fosse altro per il fatto che la lingua ufficiale della Camera del Regno di Sardegna era l’italiano secondo lo Statuto Albertino del 1848). Infine, ci tengo a precisare che il termine ‘Venezie’ è nato molto prima di Mussolini.
        Saluti.

      3. La sua risposta alla mia “difesa” del Sig. Cavasin, mi ha d e f i n i t i v a m e n t e convinto dell’assoluta impossibilità di poter dialogare con coloro a cui è stato inculcato un nozionismo tetragono agli interessi di chi governa. Indipendentemente da ciò, mi sconforta la sua mancanza di anche un piccolo dubbio in merito alle fonti cui Lei ha attinto (mi scusi l’ardire, a mio parere solo scolastiche, quindi…), senza il minimo accenno a voler verificare o conoscere altre e più disparate versioni . Con ciò, mi fa ulteriormente pensare che proprio di arroganza si tratti. Lei sembra quasi risentirsi perché la riprendevo nell’usare un termine “fascista” come “Venezie”, che a suo dire veniva usato molto prima. Ma quando mai? L’unica eccezione storica riguarda l’Albania Veneta, territorio della Serenissima. Le altre Venezie a cui allude, Tridentina, Euganea e la Giulia, sono espressioni, invocate dal fascismo e dal dopo guerra, nell’indicare la ripartizione geografica delle regioni attuali. Come vede la mia mia esortazione a rimbrottare il suo professore di Storia aveva un senso. La invito ancora ad una più umana umiltà che le sara di grande aiuto nel suo percorso di vita e di ricordare un detto dei nostri avi (spero anche suoi): “el sapiente sa poco, l’ignorante sa massa, el mona sa tutto”. Rinnovo Serenissimi saluti,

      4. Trovo stucchevoli e ripetitive le vostre tipiche accuse di nozionismo scolastico e di indottrinamento da regime, quasi come se voi foste i detentori della verità assoluta e noialtri invece degli scolaretti un po’ deficienti. Lei ad esempio mi esorta per ben due volte a rimbrottare il mio professore di storia (questa sì un’affermazione da cui traspare spocchia, ma va be’…).
        Ho fatto le mie letture, non sui siti web linkati dal suo amico Cavasin, ma sui libri. Il signor Zorzi ad esempio, che è un profondissimo ammiratore e conoscitore di Venezia, non arriva alle vostre conclusioni; non ha alcuna paura ad esempio a parlare di “Italia” e a ricordare che durante la guerra di Cambrai il grido di battaglia della Serenissima era “Italia, libertà!”.
        Per quanto riguarda il termine “Venezie” infine (che io ritengo molto più bello a sentirsi di “Triveneto” o di “Nordest”) esso nasce verso la metà dell’800, durante il Risorgimento, venne poi ripreso con forza dagli interventisti prima della Grande Guerra e infine fu utilizzato a livello geografico ed amministrativo per indicare quelle terre che corrispondono al Trentino Alto Adige, al Veneto, al Friuli e alla Venezia Giulia. Può verificarlo anche per conto proprio. Serenissima serata!

  7. Credo che l’errore di fondo, sia quello di forzare la Storia ai fini politici attuali: fu fatto nel Risorgimento per l’Italia – il ritorno alle imperiali glorie di Roma, era una fantasia di molto pre-fascista – ed ora si rischia di riproporre lo stesso schema in altre situazioni. Dobbiamo fare tesoro della Storia, questo e’ sicuro, studiarla, apprenderne le lezioni, ma non storpiarla: se da un lato fu Repubblica Veneta almeno nelle iscrizioni monumentali in latino, dall’altro e’ certamente vero che Venezia fu (benevola) matrigna per tutti, veneti, furlani, lombardi, ladini, dalmati, tedeschi, slavi e greci, e che comandava soltanto lei. Non credo che questo sia un peccato, in fondo era un’oligarchia in un’epoca di stati monarchici ed assoluti (con poche eccezioni, come il parlamento inglese od i cantoni svizzeri); e possiamo ancora andarne fieri, per lo splendore culturale e l’assoluta indipendenza che mantenne fino al 1796 (si puo’ ben dire che fu l’unico stato “italiano” a non essere ne’ possedimento ne’ protettorato spagnolo/francese/austriaco); ma non possiamo attualizzare il periodo veneziano, nel bene e nel male.
    Detto questo, non e’ pero’ nemmeno del tutto vero che manchino ragioni storiche, sociali e culturali, per i movimenti indipendentisti, da affiancare alle ragioni economiche piu’ evidenti. Anche, e per favore, non parliamo solo di leghismo, che casomai andrebbe “ringraziato” per aver ridotto a burletta xenofoba e folkloristica tali rivendicazioni, degradando persino federalismo ed autonomismo, e risolvendosi alla fin fine in un movimento che ha fatto poco o nulla coi voti ricevuti, ormai ridotto ad un anonimo partito populista anti-immigrati ed anti-Euro.

  8. Sicuramente il fulcro della Serenisdima fu Venezia, le note espansionistiche possono anche essere vere, agli albori, in seguito un po’ meno, dato che interi territori furono annessi senza “conquistarli” con la spada per loro esplicita richiesta. La Serenissima rispettava per giunta la leggi locali senza imporre nuovi sistemi e leggi, si limitava al rafforzamento delle strutture in cui risiedeva la giustizia. Le Americhe le hanno scoperte due fratelli di nome Zeno, ovviamente non ho bisogno di indicarne le origini, un secolo prima di Colombo. L’italiano poi (talian) era una lingua parlata nel veneziano a fine ‘700 perché è nata proprio a Venezia…

  9. P.S. Altra nota sul popolo italiano: americani, tedeschi o cechi, parlo per esperienza diretta, possono non capire le diverse sfumature regionali; tuttavia, quelli che conoscono l’Italia e gli italiani, almeno le differenze piu’ macroscopiche Nord/Sud le notano. Ovviamente, se uno in Italia e’stato al massimo in una breve vacanza, e poi sa a malapena quello che ha studiato a scuola, non ne sapra’ nulla, come noi difficilmente conosciamo le differenze fra i tedeschi (anzi, magari non capiamo perche’ Austria e Svizzera siano indipendenti) o fra cechi e slovacchi (che parlano lingue molto simili, solo per dirne una, ma si considerano popoli diversi).

  10. Che ci sia stata una idea per portare l’unità si sa ,anche a Venezia , che mica era un angolo di mondo nascosto sapete??l’idea di stato nazione al tempo soffiava in tutta europa .che poi si voglia certificare la volontà della Repubblica Veneta ormai morta da 50 anni a causa dei “liberatori ” napoleonici che l’avevano straziata svenduta come garanzia e devastata deportando 40000 giovani per le proprie guerre in Russia , forse queste cose in uomini di buon senso hanno portato a scegliere opzioni meno “tragiche” e violente (ed era pieno di uomini saggi , v la Repubblica durò dal 697 -1797 non a caso si chiamava Serenissima) visto che il nascente regno sabaudo d’italia era di matrice Francese giacobina con Finanziamento inglese .Ma oggi è un modello di stato andando allo sfacelo ed il perdurare di un sistema che non ha le carte in regola per funzionare è solo romanticismo .Le mani dei morti non possono disporre del furturo dei vivi , ma prima di sentenziare è meglio vederla da tante sfacettature la stori prima di gridare al lupo per la lettura di un documento.

  11. Egregio signor Pistolato, con questa paginetta crede di aver scoperto chi sa che cosa?
    A quel tempo Venezia faceva parte del regno Lombardo-Veneto, il Manin credeva che la possibilità di entrare a far parte del regno d’ italia fosse da cogliere al volo per affrancarsi dal potere austriaco, purtroppo per lui non fu così, i Savoia non si accordarono mai sugli aiuti che avrebbero dovuto mandare in quanto lo stesso Manin non voleva una semplice annessione al regno ma puntava più ad una federazione.
    E c’ è solo un dato inconfutabile, guardi quando comincio la Diaspora Veneta, casualmente le prime emigrazioni di massa cominciarono dopo il 1866 proprio dopo l’ annessione al regno sabaudo.

    1. Signor Cabrele, in primo luogo non ho certo la presunzione di aver scoperto “chissà che cosa”.
      Non ho la verità in mano, esprimo la mia opinione, e posso dirle che in questi ultimi anni ho letto diverse interpretazioni a mio avviso non corrette, o per meglio dire falsate, in merito a Manin e al ’48 veneziano. Mi soffermo semplicemente sul suo commento: lei sembra dipingere Manin come un opportunista, un uomo insomma che non credeva nell’idea nazionale italiana ma che fece finta di crederci pur di liberarsi dell’Austria. Non sono per nulla d’accordo con questa lettura, essendo provato in molti scritti del Manin – anche successivi al biennnio ’48-’49 – la sua profonda convinzione nell’ideale unitario e nella necessità di un’Italia indipendente. Si legga a tal proposito un suo articolo del 1856, che ho trascritto qualche mese fa su questo blog: https://pistolato.wordpress.com/2013/11/07/daniele-manin-e-la-questione-italiana/

      Il fallimento della sua impresa fu dovuto essenzialmente alla disfatta militare dei piemontesi, i quali dovettero tornare sulle proprie posizioni. Dal suo commento, invece, sembra che la causa della caduta della Repubblica sia stata una divergenza coi Savoia sulla forma di governo che il nuovo Stato italiano avrebbe dovuto assumere, il che non è per niente vero.

      Per quanto riguarda le emigrazioni di fine ‘800 (perché i flussi migratori iniziarono attorno agli anni ’80, non dal 1866) le dico subito che non è certo mia intenzione scagionare completamente il neonato Regno d’Italia, che pure commise i suoi errori, specialmente con una politica fiscale aggressiva.
      Tuttavia, per onestà storica, dobbiamo ricordare che quel fenomeno migratorio non colpì solo il Veneto o l’Italia, ma tutta l’Europa, ed ebbe diverse cause, dalla devastante crisi agraria (dovuta alla drastica diminuzione di valore del grano, importato dalle Americhe) all’incalzante crescita demografica dei popoli europei (la popolazione veneta ad esempio aumentò di quasi 400.000 unità dal 1871 al 1901, nonostante l’emigrazione di quasi 1 milione di persone), passando per la progressiva industrializzazione del continente, che spinse milioni di contadini fuori delle proprie campagne per cercare un migliore avvenire.

  12. Egregio Pistolato,
    Se deve sparare sentenze (affrettate) per postare un documento, delle cui ragioni ed esistenza è già stato giustificato e spiegato dai altri in questo blog, la esorto di rimbrottare il suo professore di Storia od altrimenti se stesso per le scelte infelici delle sue fonti. Un piccolo esempio: asserisce che la massima espansione del “dominio” (badi le virgolette!!) andava da Brescia a Cipro. Ha mai sentito parlare di Lodi (quasi Milano), Crema e Bergamo? Quest’ultime fino alla caduta per mano del più grande delinquente della Storia, nel 1797? Solo questo mi fa pensare della sua obiettività nel reperire fonti e fatti attendibili. Io, confermo, sono fervente separatista, ma non ottuso e scusi l’immodestia. La esorto a leggere, come ho fatto in gioventù, molte e varie fonti, Frederic C. Lane, Zorzi, Grietschmayer, etc. comprese (molto meglio) quelle decisamente contro come il francese Braudel. Poi, le assicuro, sarò felice di poter avere un confronto, anche de visu, dato che sarà molto più interessante discutere di ciò. Un serenissimo saluto, quasi paterno dato che ho figli della sua età. WSM

  13. Signor Giovanni Pistolato, è tipico della cultura italiana riportare solo ciò che fa comodo …

    Perché non dice che gran parte dei documenti ufficiali della Seconda Repubblica Serenissima erano scritti in italiano, in quanto di fatto era già iniziato lo sterminio della cultura veneta? Perché non dice che nella Prima Repubblica Serenissima (quella che è durata più di mille anni, non quella che ne è durata uno e qualcosa) i documenti ufficiali erano scritti in latino, lingua considerata adatta alla vita politica? Perché non dice che al tempo della Repubblica Serenissima in tutta l’area europea ed in parte di quella asiatica il veneziano era considerata la lingua franca per gli scambi commerciali?

    Si sa, è più facile raccontare solo ciò che ci comoda …

  14. Non credo di aver messo in discussione la dignità del veneziano (che ad ogni modo fu lingua franca dei commerci nel suo spazio naturale, ovvero il Mediterraneo, non l’Europa intera). Ritengo invece di aver posto in evidenza come anche a Venezia si sia fatto utilizzo della lingua nazionale italiana ben prima della formazione dello Stato unitario o del 1797, al netto di qualsiasi supposto “sterminio” culturale.

    Quello che lei afferma relativamente all’uso del latino è senz’altro vero se ci si ferma al XVI secolo, ma è risaputo che nei secoli successivi la lingua italiana (non priva di inflessioni veneziane) affiancò il latino negli editti, nella documentazione ufficiale e in generale nell’amministrazione. Senza contare poi il suo impiego ormai sempre più largo nel campo letterario. Solo per fare qualche esempio illustre, Palladio scrisse “I quattro libri dell’architettura” in lingua italiana nel 1571, trecento anni prima che il Veneto fosse unito al Regno d’Italia. Carlo Goldoni nel XVIII secolo scrisse diverse opere teatrali, oltre che in veneto, in italiano. Giacomo Casanova, nella prefazione di una propria opera scritta in francese (l’Histoire) spiegava così la sua scelta linguistica:

    “J’ai écrit en français, et non pas en italien parce que la langue française est plus répandue que la mienne”,

    Il che non significa certo che Casanova non ritenesse proprio anche il veneziano, ma dovrebbe quanto meno far riflettere certi nuovi integralisti della “lingua” veneta.

    1. Voglio ricordare all’ “amico” Pistolato che esistono ampie testimonianze documentali dello zar di Russia e sua moglie Caterina 1a, che mandavano ambascie a Venezia, ed ad altre capitali europee, scritte in veneziano. Come testimoniato dallo Zorzi e lo stesso Frederic C. Lane (studioso di Venezia vista dal lato economico), paragonavano il veneziano a lingua commerciale internazionale del tempo, quali furono poi il francese fino agli anni 60/70 e successivamente, in misura maggiore, e fino ad oggi, la lingua inglese: Questo solo per testimonianza di verità che, lei Giovanni, sembra sempre sminuire quando tratta di fatti storici attinenti la sua terra natale. Questa è l’impressione che si percepisce nel leggere i suoi scritti. Rinnovo Serenissimi saluti.
      Maurizio Bedin

  15. Signor Bedin,

    sono d’accordo con lei quando definisce il veneziano una “lingua commerciale internazionale del tempo”. Il riferimento che avevo fatto al Mediterraneo andava proprio in questa direzione.

    Il mio discorso tuttavia era un altro, e se lei riesce ad afferrarlo, bene, altrimenti, pazienza: non mi strapperò certo i capelli. Anzi, le dirò di più: visti i toni ripetutamente rancorosi, provocatori ed accusatori da lei utilizzati nei miei confronti, le comunico che sarebbe per me motivo di sollievo non leggere più suoi commenti a quest’articolo. Veda un po’ lei. Saluti!

  16. Arrivo tardi per commentare,ma stavo cercando informazioni su Manin e mi sono imbattuto in questo articolo,per il momento non ho abbastanza informazioni per discutere sul Manin ma non posso fare a meno di far notare alcuni concetti nella speranza di poter intraprendere una discussione costruttiva.

    -Partiamo dall’inizio:
    La repubblica di Venezia fu uno stato veneziano e non veneto:
    intanto c’è da dire che il nome stesso venezia esiste almeno fin dal tempo dell’imperatore romano Augusto che divise la penisola italica in varie Regio,nominandole col nome dei popoli che le abitavano,quella che interessa noi è la Venetia et Histria.
    Il termine significa “dei veneti” da qui l’ambivalenza terminologica presente in molte lingue. Venetian,in inglese, ad esempio o venitien in francese.
    E’ interessante notare che il Giorgione(trevisano) o il Canaletto(veneziano) in inglese sono entrambi chiamati “venetian painters”

    Poi c’è un altra cosa che vorrei sottolineare,tu parli di assoggettamento dello stato da tera(come dovrebbero correttamente essere chiamate le province dell’attuale regione veneto) a Venezia,ma allora come mai esse decisero spontaneamente di darsi a Venezia?(Treviso ad esempio nel 1339,Vicenza nel 1404)
    O ancora se questo stato era così sfruttato come mai durante la guerra della Lega di Cambray i contadini continuavano a giurare fedeltà a san Marco? solo paura? o forse erano veramente trattati in modo dignitoso??
    cito direttamente da un’opera di Macchiavelli che era in terre marciane come ambasciatore fiorentino quando successe il fatto.
    “”(..) di modo che negli animi di questi contadini è entrato un desiderio di morire, e vendicarsi che sono diventati più arrabbiati e ostinati contro ‘a nemici dei veneziani  (..) che uno di loro preso si lascia amazzare per non negare il nome veneziano. E pur iersera ne fu uno innanzi a questo vescovo, che disse che era Marchesco e Marchesco voleva morir”
    E se vuoi un esempio di cosa significa fedeltà alla Serenissima cerca informazioni sui moti del 1809 o sul famoso discorso di Perasto.

    Uno dei motivi per cui i popoli furono così dediti alla Serenissima fu il fatto che essa mantenne e tutelò le varie minoranze locali ed infatti sempre ritornando sul fatto di Perasto è molto probabile che quel discorso sia stato pronunciato in dalmata.
    E solo per questo fatto ti direi che vale la pena riportare in auge il passato per studiarlo e domandarsi se quello che c’è attualmente funziona.
    La Serenissima infatti è studiata in tutto il mondo per l’avanguardia delle sue leggi,delle sue strutture amministrative e della sua giustizia.

    Arriviamo ora alla sua “caduta” la parte che riporti tu è più o meno quel falso storico creato ad hoc da Daru (guarda caso comandante delle truppe giacobine di napoleone) ,falso che venne poi usato come base durante il congresso di Vienna per giudicare la Repubblica come un’aristocrazia tirranica e quindi non restaurarla e darla in mano agli austriaci.
    E’ vero che aveva perso i suoi possedimenti orientali,ma per il resto (e documenti storici lo provano) godeva di perfetta salute economica.

    Per quanto riguarda l’annessione al regno d’Italia e il famoso plebiscito-burletta(parole non mie ma di un famoso storico italiano)con le sue conseguenze basta pensare alla grande diaspora in Brasile.

    Ah piccola nota aggiuntiva: leggiti bene la cronaca della battaglia di Lissa e da chi fu combattuta contro chi e dopo leggiti questa citazione

    “…non vi fu mai alcun movimento di irredentismo tra gli equipaggi austriaci durante la guerra, nemmeno quando, nel luglio del 1866, si cominciò a parlare della cessione della Venezia all’Italia”
    (tratto da A. Iachino – La campagna navale di Lissa 1866 – IL SAGGIATORE (pag. 133)

    1. Ti ringrazio per il commento, che è espresso in toni pacati ed offre davvero molti spunti di discussione.

      Partendo dal toponimo “Venezia”, sono d’accordo sul giudizio di ambivalenza, che a ben vedere può essere esteso a termini affini quali “Venetiae” e “Veneti”. Proprio il termine “Veneti” merita una menzione particolare, perché nelle fonti in latino i veneziani vengono chiamati esattamente così. Questa interscambiabilità di termini è indice dell’innegabile contaminazione reciproca che ebbe luogo tra la città di Venezia e la terraferma veneta, sia durante la nascita e la formazione della città lagunare (che come è noto è stata opera di fuggiaschi per lo più provenienti da Padova e Altino), sia durante il dominio della Serenissima sullo “stato da tera”.
      Detto questo, credo sia comunque corretto insistere sul concetto che la Repubblica fu anzitutto lo Stato di una città, Venezia, che a partire dal XIV secolo circa riuscì ad imporsi sul resto della regione veneta in virtù di una forza militare maggiore, di una situazione economica particolarmente florida e di un’organizzazione statale di comprovata efficienza. Venezia,pur lasciando un certo margine di autonomia alle città conquistate, vi ha esteso amministrazione e norme pubbliche proprie, ha inviato uomini a governarle e soprattutto vi ha trasferito i propri simboli (a partire dal leone marciano). Dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente all’espansione di Venezia sulla terraferma passarono circa mille anni, all’interno dei quali, se si eccettuano le dominazioni longobarda e franca, le città venete conobbero delle importanti esperienze di autogoverno (penso ai liberi comuni, o al dominio scaligero). Tali città, finché conservarono l’autonomia e una certa solidità politica, si posero in rapporto conflittuale con Venezia.

      E’ vero che alcune di esse nel corso dei secoli si diedero spontaneamente a Venezia, e se questo da un lato va senza dubbio letto come un titolo di merito per la Serenissima, dall’altro lato è giusto ricordare che simili decisioni erano prese dalle oligarchie locali o per sfuggire al dominio di altre città, o a causa di situazioni di effettiva debolezza interna che avrebbe reso velleitario qualunque tentativo di conservazione della propria autonomia, o per calcoli di mera opportunità politica (Treviso ad esempio era da tempo attraversata da logoranti lotte politiche per il governo della città e vedeva dunque in Venezia una garanzia di stabilità).

      Quello che affermi relativamente al consenso che Venezia era stata capace di riscuotere a livello popolare corrisponde al vero. Ritengo sia dovuto in parte al buon governo lagunare (circostanza che se guardi con attenzione non nego mai nel mio articolo, anzi, parlo di “amministratori illuminati e liberali”) e in parte – ma questo è un mio personalissimo parere – alla sua identificazione simbolica con l’evangelista Marco. In una cultura contadino-cattolica come è sempre stata quella veneta, credo che questa immedesimazione dell’autorità statale con un simbolo religioso dal richiamo tanto potente abbia avuto un ruolo decisivo per la buona fama di Venezia presso le fasce popolari.

      La tesi di una decadenza economica di Venezia nel ‘700 è ripresa anche da Alvise Zorzi, nel suo libro “La Repubblica del Leone”. E’ un dato di fatto che il volume dei commerci nell’area mediterranea diminuì sensibilmente dopo la scoperta delle Americhe, e Venezia, che a tale commercio aveva sempre legato le sue fortune, ne soffrì. Sempre nello stesso periodo cominciò a diffondersi la pellagra, e si registrarono anche casi di brigantaggio.

      L’annessione del Veneto all’Italia avvenne a seguito di un lungo percorso storico, a cui i veneti stessi contribuirono attivamente, specialmente nel 1848 con Manin e Tommaseo, ma non solo: è un fatto accertato che migliaia di veneti si arruolarono come volontari nella seconda e soprattutto nella terza guerra d’indipendenza. Il Corpo Volontari Italiani guidato da Giuseppe Garibaldi, che poteva contare su circa 38.000 uomini, era composto in maggioranza da veneti, molti dei quali emigrati per ragioni politiche negli anni precedenti. Sicché, potrà anche esser vero che non vi fu nessun irredentismo tra gli equipaggi austriaci “durante la guerra”, ma sono portato a pensare che ciò accadde poiché coloro i quali desideravano combattere per l’Italia avevano già manifestato il loro irredentismo prima e non “durante”. Il ritratto di un Veneto che subisce l’annessione all’Italia senza desiderarla minimamente (un po’ come il Sud Tirolo nel 1918) non è veritiero.
      Sul rapporto tra unità nazionale ed emigrazione mi sono già espresso in un commento precedente.
      Mi scuso se non sono riuscito ad essere più sintetico, ma l’argomento è davvero vasto. Saluti!

      1. Il tono generale è pacato perchè io non ho nessun interesse a imporre il mio punto di vista sul tuo,ma sto invece cercando una dialettica costruttiva.

        Vedo che per quanto riguarda l’etimologia e l’ambivalenza dei termini veneto/veneziano siamo d’accordo quindi passo oltre.

        Si è vero che il punto di riferimento della repubblica Serenissima è sicuramente Venezia città,ma è da sottolineare come l’estensione dei suoi domini allo “stato da tera” sia stato svolto senza l’intervento militare e,come ammetti tu stesso, lasciando buona autonomia alle città.
        Basta pensare alla dedizione di Verona che come afferma Scipione Maffei:
        “fu permesso che Verona continuasse a godere della libertà derivante dalla “podestà di ragunar senato, di crear magistrati, di far leggi e di governar la città, e le cose pubbliche, rimanendo ai veneti senatori il travaglio, i pericoli e la spesa”
        Certo probabilmente non era il popolo a decidere e come mi fai notare tu la scelta di “darsi” alla Serenissima veniva presa dall’aristocrazia dell’epoca,ma dal mio commento precedente però puoi vedere che erano i contadini che in situazioni critiche giuravano fedeltà alla Serenissima,emblematico è appunto il caso riportato da Macchiavelli.
        Ma se vogliamo guardare fatti più recenti vediamo cosa scrisse il “comitato di salute pubblica” (in pratica il bollettino giacobino della municipalità provvisoria) il 24 luglio 1797:
        “i pericoli della patria vanno crescendo ogni giorno”. “L’audacia dei malevoli alza impudentemente e impunemente la fronte, le divise nazionali sono oltraggiate, gli stessi rappresentanti del popolo sono motteggiati e avviliti; mille e mille carte incendiarie predicano l’insubordinazione alle autorità costituite; gli stemmi di San Marco si veggono malignamente affissi a tutti gli angoli della città. Le grida d’insurrezione ‘Viva San Marco’ allarmano i buoni cittadini. Il male è giunto al colmo e richiede estremi rimedi.”
        E lo stesso successe con i moti del 1809 dove in molte città(quindi non necessariamente la capitale Venezia),i cittadini insorsero contro i francesi
        Inoltre sul piano pratico bisogna considerare che la Serenissima con solo Venezia avrebbe fatto poco,basta solo pensare all’enorme quantità di legname che occorreva per costruire le navi in arsenale,

        Per quanto riguarda il discorso del leone di San Marco in ogni possedimento sono abbastanza certo che esso non fosse sentito dai cittadini come una costrizione,ma anzi fosse considerato quasi un onore;a questo proposito cito un fatto interessante,anche se accaduto a pochi mesi di distanza dal famoso plebiscito:
        il 25 aprile 1886 a Verona venne ricollocata la colonna col leone che i francesi distrussero,ecco cosa scrive l’Arena:

        « A mezzodì, – in lontananza echeggiano le trombe. È la banda cittadina che si avanza, preceduta dai pompieri e seguita dalla rappresentanza municipale e da molte società.
        « I pompieri passano, la rappresentanza municipale passa, poi succede un parapiglia indescrivibile.
        « Guardie, carabinieri e vigili, vengono respinti dalla folla, e un’onda di popolo irrompe nella piazza mandando urla di trionfo.
        « Sono le dodici e un quarto. Da una finestra si tira il cordone che dovrà far cadere la coperta del Leone. È un momento solenne. Tutti gli occhi guardano la cima della colonna: un silenzio assoluto regna su quel mare di teste che si perde in lontananza.
        « La coperta si agita, poi cade, e mostra il glorioso Leone di San Marco, bianco come se fosse di neve, colla zampa fieramente posata sul Vangelo. Un uragano d’applausi scoppia attorno alla colonna e si propaga fino in fondo alla piazza e giù giù nelle vie adiacenti:
        «- Viva il Leone di San Marco! Viva! …
        « Tutti i vicini stringono la mano al giovane scultore Poli, l’autore del Leone.
        « Mille, duemila, diecimila braccia s’agitano burrascosamente e sui poggiuoli, sui terrazzi, sulle finestre, e persino sulla torre s’agitano bianchi fazzoletti. Un fragoroso squillo di trombe copre tutte quelle grida e quelle esclamazioni. Le due bande militari del 67° e 68° intuonano la marcia del maestro Ascolese che viene salutata da un vivo applauso. Fra gli squilli di trombe s’ode di quando in quando il tam-tam vigorosamente percosso ».
        (Tratto da “Piazza delle Erbe”, dell’Automobile Club Veronese)
        E se cerchi sul web c’è anche qualche immagine dell’epoca.

        Per quanto riguarda la tesi della decadenza economica,è vero che il volume dei commerci diminuì,ma quello che mi interessava sottolineare è come con il capitale rimasto nel 1797 Venezia fosse benissimo in grado di difendersi ad un’invasione e che quindi la decadenza economica non sia la causa principale della sua disfatta.
        Il libro di Alvise Zorzi non l’ho ancora letto quindi per il momento non posso esprimermi in merito.

        Tornando invece all’annessione del Veneto all’Italia dici che “è un fatto accertato che migliaia di veneti si arruolarono come volontari nella seconda e soprattutto nella terza guerra d’indipendenza” potresti darmi qualche fonte? perchè sinceramente è una cosa che mi giunge nuova.
        Io ricordo però che anche Garibaldi si infuriò perchè “i Veneti non si erano sollevati per conto proprio, neppure nelle campagne dove sarebbe stato facile farlo!”
        (Tratto da D. Mack Smith, Storia d’Italia)

        Grazie per la discussione!

  17. “Finché Venezia salva non sia. Esuli e garibaldini veneti nel Risorgimento”, Angela Maria Alberton.
    “Garibaldi e il governo italiano nel 1866”, Virgilio Estival
    “L’emigrazione veneta in Lombardia e in Piemonte”, Adolfo Colombo

    Sul diffuso clima di ostilità all’Austria in Veneto prima del 1866, consiglio la lettura di “Nell’Italia soggetta all’Austria. Vicende dei miei anni di insegnamento”. L’autore è un professore di tedesco di origine boema mandato dall’Impero asburgico a insegnare in Veneto prima della sua annessione all’Italia.

    1. Grazie per le fonti,quindi ricapitolando: sembriamo concordare sull’ambivalenza veneto/veneziano,sulla fedeltà dei popolani alla Serenissima e sul simbolo del leone di San Marco non imposto,ma anzi visto come un onore.

      Resta ancora da approfondire la seguente frase “è un fatto accertato che migliaia di veneti si arruolarono come volontari nella seconda e soprattutto nella terza guerra d’indipendenza”
      Per approfondire però devo farmi delle idee più chiare sui moti del 1848 e sulla frase citata sopra,quindi mi rifaccio sentire quando avrò maggiori informazioni

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